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Una malattia complessa, in costante aumento, ma ancora poco sconosciuta e capace di porre impegnative sfide diagnostiche. È il ritratto della malattia di Lyme scaturito dai due webinar promossi dall’Associazione Lyme Italia e coinfezioni il 26 gennaio e il 2 febbraio scorsi. Entrambi gli eventi sono stati realizzati in collaborazione con il GISML-Gruppo italiano per lo studio della malattia di Lyme, gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri, l’Istituto Dermatologico San Gallicano e si sono avvalsi della direzione scientifica della dott. Fulvia Pimpinelli e del prof. Maurizio Ruscio.

I due appuntamenti – ha sottolineato la presidente dell’Associazione, dottoressa Daniela Colombo – si sono rivolti a medici e operatori sanitari presentando le tante manifestazioni cliniche della malattia, con particolare accento su quelle meno caratteristiche e conosciute e con un focus sul trattamento delle cosiddette forme “croniche”, che oggi costituiscono uno degli aspetti più rilevanti e dibattuti dell’infezione.

 

I diversi “volti” di Lyme

 

Le 11 relazioni tenute dagli esperti hanno confermato il carattere multiforme della malattia di Lyme, in grado di determinare un’ampia varietà di sintomi: dal tipico eritema migrante nella zona del morso di zecca al coinvolgimento sistemico, responsabile di problemi neurologici, cardiologici e articolari di varia gravità.

Hanno segnalato inoltre il peso delle coinfezioni e la loro capacità di:

- esacerbare la malattia

- alterare la sua presentazione clinica

- concorrere a fenomeni di resistenza alla terapia antibiotica.

 

Gli esami di laboratorio

 

Sul fronte della diagnosi i webinar hanno:

- rimarcato il ruolo dei test sierologici che “rimangono gli ausili diagnostici più utili e ampiamente disponibili”

- illustrato le prestazioni dei test di nuova generazione

- sottolineato l’affidabilità del protocollo a due livelli

- segnalato l’importanza di interpretare i risultati secondo criteri convalidati.

 

L’efficacia delle cure

 

I due webinar hanno confermato l’elevata efficacia dei protocolli di terapia indicati dalle linee guida internazionali in presenza di:

- una diagnosi corretta e tempestiva di malattia di Lyme

- la pronta somministrazione di un adeguato trattamento antibiotico.

Hanno tuttavia rimarcato la difficile gestione dei casi derivanti da diagnosi ritardate o mancate e presentato alcuni degli studi più recenti sul trattamento delle forme di malattia più severe.

 

Il progetto BABEL

 

Tra le ricerche volte ad offrire nuovi ed efficaci percorsi di cura per i pazienti colpiti da malattia di Lyme si inserisce il progetto BABEL - “Analisi della produzione di biofilm e della tolleranza agli antibiotici in Borrelia burgdorferi sensu stricto e sensu lato” presentato al webinar del 2 febbraio dall’IRCCS San Gallicano di Roma.

Il biofilm è una sorta di “pellicola protettiva”, autoprodotta dai batteri responsabili della malattia di Lyme (spirochete del complesso Borrelia burgdorferi), che permette loro di:

- eludere l’azione difensiva del sistema immunitario

- resistere ai trattamenti antibiotici.

La presenza di forme latenti di Borrelia in fase di biofilm potrebbe quindi spiegare il mancato effetto delle terapie e i casi di malattia persistente.

Muovendo da questo presupposto il progetto – finanziato dall’Associazione Lyme Italia e coinfezioni e realizzato dal San Gallicano in collaborazione con l’università Sapienza di Roma e l’università di Lubiana – si è posto l’obiettivo di “valutare l’efficacia degli antibiotici contro isolati di Borrelia in fase di biofilm, al fine di definire strategie e protocolli terapeutici mirati in termini di dose e durata dei trattamenti”.

Di carattere sperimentale invece la proposta avanza dal dott. Richard Horowitz (USA) per il trattamento dei sintomi persistenti. Prevede l’impiego di una terapia combinata con alte dosi di dapsone, un farmaco già utilizzato nella cura della lebbra, i cui risultati sembrano promettenti.

In proposito è scaturita l’ipotesi di una collaborazione internazionale per:

- verificare con metodo scientifico gli esiti del trattamento

- stabilirne l’efficacia a livello universale.

 

Oltre i confini nazionali

 

A breve i webinar del 26 gennaio e 2 febbraio saranno disponibili anche “on demand” (per la durata di 12 mesi), in lingua italiana e inglese.

Una novità – ha spiegato la presidente Colombo – che nasce da due ordini di esigenze:

- condividere i contenuti a livello internazionale (l’Associazione Lyme Italia e coinfezioni aderisce alla rete mondiale Lyme Global)

- rendere gli stessi contenuti accessibili a tutti coloro che si occupano della malattia a livello clinico, diagnostico, terapeutico o per finalità di ricerca.

 

La collaborazione con il GISML

 

Peculiarità rilevante dei due webinar – ha dichiarato il presidente del GISML, Ruscio - è stata quella di mettere il mondo scientifico in condizione di interrogarsi sulla malattia di Lyme per dare risposte sempre più aggiornate in termini di diagnosi e trattamenti terapeutici.

Da qui l’importanza del ruolo svolto dall’associazione Lyme Italia e coinfezioni che ha creato, di fatto, un anello di congiunzione fra ricerca e clinica, dando a medici e operatori sanitari strumenti sempre più aggiornati per la cura dei pazienti e la prevenzione delle forme più severe di malattia.

Un’esigenza quanto mai attuale, dal momento che la malattia di Lyme è in continua crescita ed è oggi presente anche in regioni e paesi fino a pochi anni fa considerati indenni.